EXPO 2015 viene comunicato utilizzando talune parole d’ordine. Ad esempio: italianità, qualità del cibo e delle bevande, vetrina della varietà dell’offerta alimentare italiana e così via.
Ma – a quanto abbiamo orecchiato qua e là – pare che in realtà si tratti, più che di parole d’ordine, di parole vuote.
Si dice infatti che un noto marchio alimentare italiano abbia fatto la parte del leone nella ristorazione, accantonando (nel senso etimologico di “mettere in un angolo”) i propri concorrenti/colleghi. Si dice anche che un noto brand estero abbia monopolizzato il settore del caffè, ottenendo non solo una sorta di esclusiva per tutta la durata dell’Expo, ma anche che i suoi competitors paghino salatissimi prezzi per uno stand che non potrà comunque essere aperto e operante per più di tre (t-r-e, nessun errore) giornate in tutto.
Certamente si tratta di voci infondate e siamo stati ingenui a prestar loro fede.
In caso contrario, proprio non sarebbe comprensibile attraverso quale logica si siano mossi gli organizzatori/coordinatori/responsabili di Expo 2015: il loro comportamento rappresenterebbe una palese violazione di ogni regola di trasparenza, equità, concorrenza leale e divieto di monopolio.
In questo caso, saremmo però ingenui ad attenderci qualche rapido intervento rivolto a riequilibrare la situazione. Si aprirà tutt’al più qualche polemica, ma – oramai – chi ha dato, ha dato e chi ha avuto, ha avuto….